Comprenderlo e affrontarlo

Eccoci un lunedì di ottobre …. aspetto di prendere la metro. Percorro la banchina, ormai non devo neanche pensarci e già so dove si apriranno le porte. Sono le 8:05, l’orario presagisce affollamento.
La metro arriva e la condensa sui vetri delle carrozze conferma il mio timore.
Mi preparo … qualcuno scende, ma mai abbastanza.
...Entro...
Palpitazioni, sudorazione, tremori, difficoltà a respirare, nausea, dolori addominali e brividi, questi sintomi associati ad una sensazione di pericolo o catastrofe imminente rappresentano gli aspetti di un attacco di panico. Scendo alla prima fermata…
Cosa mi sta accadendo?
Secondo le ultime rilevazioni il disturbo da attacchi di panico è diffuso tra il 1,5% e il 3,5% della popolazione generale.
Solitamente il primo attacco di panico è totalmente inaspettato ed è quello più devastante per il soggetto. Da quel momento si inizia a temere la possibilità che possa ricapitare, arrivando ad evitare le situazioni che l’hanno attivata la prima volta e “scannerizzare” costantemente le proprie sensazioni corporee nel tentativo di individuare gli indizi di un nuovo attacco.
Quello che succede è che delle sensazioni corporee e mentali innocue vengono interpretate dal soggetto come segnali di un’imminente e improvvisa catastrofe.
Si pensi ad esempio al fiatone che ci viene dopo essere arrivati al quarto piano usando le scale: in questo caso il fiatone è giustificato. Invece se si ha il fiatone senza aver fatto neppure un gradino, si può interpretare questo come un “sto perdendo il controllo o sto impazzendo” e in quel momento sopraggiunge il panico.
Il modello di Clark, rivisto poi da Wells, ci permette di avere una visione più chiara di quello che accade e di come la persona si autosuggestioni. Più frequentemente si ripetono gli episodi di ansia e di panico più la persona teme che queste si presentino, sviluppando aspettative rispetto alla situazione in cui si è presentata. Queste aspettative diverranno loro stesse attivatrici dell’attenzione della persona.

Nello specifico, un evento esterno o un pensiero vengono interpretati come una minaccia; ad esempio salendo su una metro affollata si può provare la sensazione di soffocamento…. Questo provoca una attivazione delle sensazioni somatiche o mentali del panico, come un aumento del battito del cuore. Tutto ciò porta a generare ansia o preoccupazione che viene interpretata erroneamente in modo catastrofico, portando a chiederci: “mi sto sentendo male? Ho un infarto?”
Ciò determina, infine, un aumento della concentrazione della persona verso quelle sensazioni, rendendole ancora più evidenti e confermando la nostra paura catastrofica. Inizia così un circolo vizioso del panico.
La persona può iniziare a temere di avere nuovi attacchi di panico, nasce la paura della paura.
Come interrompere tutto questo?
Le linee guida internazionali indicano la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale come il trattamento più efficace per la cura di questo disturbo e della fobia sociale con protocolli strutturati ben precisi e scientificamente provati che ne convalidano il successo. L’intervento proposto da Clark e Wells prevede così un protocollo specifico personalizzabile in base al paziente che abbiamo di fronte, con vari esercizi esperienziali, training attentivi, esperimenti comportamentali e lavori di memorizzazione.
Infine siamo scesi dalla metro….riprendiamo fiato….pian pianino passa…uff non so cosa ma è passato…che paura…forse smetterò di prendere la metro…